“La Chiesa”
Dal libro dell’Èsodo
Es 20, 1-3.7-8.12-17
In quei giorni, Dio pronunciò tutte queste parole: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile: Non avrai altri dèi di fronte a me. Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano. Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai. Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo».
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
1Cor 1,22-25
Fratelli, mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 2,13-25
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.
Il Tempio era la massima istituzione dello stato ebraico che, ai tempi di Gesù, già da 1000 anni governava di fatto Israele. Costruito da Salomone, nel 586 era stato distrutto da Nabucodonosor ma poi fu ricostruito da Esdra e ai tempi di Gesù si ergeva imponente sulla cima della collina di Sion, chiamata orgogliosamente “Monte Sion”, al centro di Gerusalemme. I giudei, abitanti della provincia chiamata Giudea, la regione intorno a Gerusalemme, erano molto fieri del loro tempio, che li aveva governati anche in momenti difficili e che era sempre stato il simbolo della loro unità nazionale. Infatti nel 70 d.C. i romani per prima cosa distruggono proprio il tempio, per colpire al cuore il giudaismo.
Nonostante l’occupazione romana, Gerusalemme era una città ebraica dove la presenza pagana era minima, ma nel resto della Palestina la situazione era diversa: eretici e odiatissimi i vicini samaritani, quasi completamente pagane le regioni a est del Giordano, molte città pagane anche nella lontana montagnosa Galilea. Gesù veniva proprio dalla Galilea, un territorio governato allora non direttamente dai romani ma da un re fantoccio, Erode Antipa, figlio di quell’Erode che aveva cercato di far uccidere Gesù appena nato. La Galilea era una terra tormentata da rivolte: quando Gesù aveva dodici – tredici anni, un certo Giuda il Galileo aveva sollevato la popolazione in una violenta rivolta, che era poi finita nel sangue. I galilei erano visti con sufficienza dai giudei in quanto campagnoli e provinciali, ma anche con diffidenza perché la Galilea era una terra inquieta.
Questo Gesù, galileo, che aveva una visione tutta sua della legge, che aveva già sollevato mormorazioni, entrato in Gerusalemme tra le acclamazioni del popolo, per prima cosa si mette a cacciare i venditori e i cambiavalute: non poteva più essere tollerato. Infatti Gesù non dorme in città, si reca da una famiglia amica a Betania, poco fuori dalla capitale, ma intanto il complotto è scattato, perché questo galileo costituisce un fattore destabilizzante per il Tempio. I sacerdoti di Gerusalemme potevano tollerare tutto: che al loro interno ci fossero sanguinose guerre per il potere, che la spiritualità ebraica si fosse dispersa in mille rivoli distanti tra loro, che decine di predicatori erranti vagabondassero per le strade raccontando la loro verità, ma non potevano sopportare che il ruolo del Tempio fosse messo in discussione.
Nella storia delle religioni il tempio è sempre stato il simbolo di un popolo, come una bandiera. Quando l’islam ha conquistato Gerusalemme, al posto del tempio ebraico hanno costruito la Cupola della Roccia; quando i crociati sono tornati in Palestina hanno ricoperto di chiese cristiane tutto il territorio. La basilica di Santa Sofia nella Bisanzio cristiana è diventata moschea nella Istanbul islamica. Gli esempi potrebbero continuare all’infinito sotto ogni latitudine e longitudine.
Una certa eccezione è costituita dalla chiesa cristiana delle origini. Pietro è morto forse nel 67. Dei suoi due successori non sappiamo quasi nulla se non che si chiamavano Lino e Cleto, ma il terzo successore, Clemente, vissuto intorno al 100, è figura ben nota, e le sue lettere ci dicono che la Chiesa è già ben strutturata un po’ dovunque. In Siria, in Grecia, in Provenza ci sono delle comunità cristiane governate da vescovi (episcopoi) o da anziani (presbiteroi) ma non ci sono edifici di culto e neppure se ne sente il bisogno. Si prega in casa, in famiglia, e nel dies Domini, con molta prudenza, ci si reca a casa di qualcuno o in un cortile discreto, o anche sotto le stelle in aperta campagna per la celebrazione della Fractio Panis, lo spezzare il pane, come avevano fatto Gesù e gli apostoli nell’ultima cena, e per sentire la spiegazione delle parole di Gesù. E si va avanti così fin verso il 370 quando papa Damaso compra un vecchio tempio pagano abbandonato e lo trasforma in chiesa cristiana. Fino ad allora non c’è stato nessun bisogno di affermare la propria presenza attraverso un edificio di culto. La forza della comunità cristiana era nella sua credibilità, nella rete dei rapporti umani solidi ed affidabili che sapeva creare, nella sua capacità di aggregare, di includere, ed anche di gestire i contrasti che potevano nascere al suo interno, nel nome di quella carità ,che Gesù aveva insegnato.
Oggi si parla a volte di crisi della Chiesa, ma se guardiamo bene, tra tutte le istituzioni forse è ancora quella che soffre di meno. Certo, la polvere si deposita ovunque, non tutti i mercanti sono stati cacciati, c’è bisogno di ridisegnare il ruolo del clero, rivedere tutto il discorso sui sacramenti. I problemi restano molti, ma oggi, come 2000 anni fa, la nostra vera forza è nello spessore delle idee e soprattutto nella nostra credibilità, nel livello di coerenza delle persone che frequentano la chiesa. Una comunità che medita in profondità sulla parola di Dio, celebra l’Eucarestia e coerentemente dà spazio alle persone e ai loro pensieri, non è una Chiesa in crisi, è una Chiesa forte, capace di dare idee per vivere. E se noi cerchiamo di essere coerenti con la nostra fede, pur con tutte le nostre debolezze, non dobbiamo avere paura: il seme è posto nel terreno e di sicuro germoglierà ancora.
Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.
Rispondiamo insieme: ascoltaci, Signore.
Ti preghiamo, Signore, per le donne, Tempio di Dio anche NOI, Tempio devastato dalla violenza, dalle infinite disuguaglianze, dalla prepotenza maschile. Aiuta la nostra società a maturare rispetto e a lasciare spazio all’altra metà del cielo. Noi ti preghiamo.
Ti preghiamo, Signore, per tutti i templi devastati dai mercanti, per gli uomini e le donne ridotti in schiavitù, per chi è obbligato a lavorare in condizioni degradanti, per i bambini costretti ad imbracciare le armi. Possa la tua frusta riportare più giustizia fra i popoli. Noi ti preghiamo.
Ti preghiamo per una maggiore trasparenza nelle istituzioni pubbliche, per non dover ogni giorno dubitare di ciò che si vede e si sente, e che possa ritornare la fiducia tra i cittadini e lo Stato. Noi ti preghiamo.
Ti preghiamo per le comunità cristiane presenti in tutto il mondo, chiamate ad affrontare momenti difficili per ostilità esterne o anche per insicurezze e fragilità che sono nate dentro di esse. Aiutale, Signore, a ritornare ad attingere alla Tua parola l’acqua viva che permetterà loro di rifiorire. Noi ti preghiamo.
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O Padre, per la tua benevolenza la creazione continua, e sorge il sole sui buoni e sui cattivi: libera l’uomo dal peccato che lo separa da te e lo divide in se stesso; fa che nell’armonia interiore creata dallo Spirito diventiamo operatori di pace e testimoni del tuo amore.
Diana Barbieri
Ho letto più volte e condiviso questo commento alle letture di oggi. Per me è illuminante ed apre ad una possibilità di conversione del mio sguardo sulla Chiesa della quale mi sento parte. Mi aiuta anche a ricordare che la Chiesa siamo noi e che le sue miserie sono le nostre miserie come anche la sua fedeltà al Vangelo può esprimersi solo nella nostra fedeltà.