Grazie
Termine abbastanza ricorrente nel vocabolario delle persone più attente a ciò che accade intorno a loro. Non solo maleducazione, non solo volgarità o distrazione. C’è anche chi ti tiene aperta la porta quando stai per entrare in un negozio, chi ti fa spazio sul marciapiedi o sul tram. Allora si dice grazie, osservando che in fondo in fondo, la gente non è così cattiva, anche perché succede che davvero qualcuno faccia qualcosa per te, una cortesia, un piccolo servizio, un aiuto materiale o morale. Non è poca cosa in un quadro di rapporti umani minacciati dalla solitudine e dal “pensa per te”. In quel momento “grazie” diventa più di una parola, forse un piccolo seme.
Poi c’è il singolare “grazia”, e qui l’orizzonte si allarga. Viene da pensare alla Nascita di Venere del Botticelli, una fusione di bellezza, armonia, seduzione ma anche interiorità, profondità di essere. perché questo è la grazia, non solo apparenza, non solo epidermide, ma qualcosa che ti lascia intravedere, intuire, un qualcosa di molto più profondo che ti scruta dal di dentro e ti strizza l’occhio… vieni a scoprire il segreto. Qui non sei tu che dici grazie, è la grazia che ti sfiora con una suggestione profonda.
L’hanno usata anche i tribunali, notate, di “Grazia e Giustizia” dove la grazia precede la giustizia, anche se poi la giustizia è quella che è. Se arriva la grazia, allora tiri il fiato ma resti colpevole, non è mai una redenzione. E’ solo grazia umana, non è quella che ti apre le braccia e ti libera dei pesi che stai portando,
I teologi hanno usato questa parola per descrivere qualcosa che era più grande di loro e che forse il linguaggio umano non sapeva definire. Hanno pensato ad una vecchia storia della Bibbia, un pastore, un povero diavolo che cercava di campare con dignità nelle steppe palestinesi, che una sera si è soffermato a guardare tristemente verso le stelle perché la vita si stava spegnendo in lui, e dopo non c’era più nulla, e nessuna traccia sarebbe rimasta del suo passaggio nell’universo.
Ebbe una folata di vento, come una ispirazione, una carezza fresca: guarda lontano, c’è sempre un futuro, una speranza, perché l’universo non è la somma di tutte le cose, ma il risultato dello sguardo vigile, della premura di chi tutte le cose ha curato e custodito fin dall’inizio dei tempi.
Quella folata di vento ha avuto fascino irresistibile, una folgorazione, e Abramo, non ha più voluto rinunciarvi, e l’ha inseguita cercando di scoprirne il segreto. Rialzò la testa e la sua speranza è arrivata fino a noi. E’ questo che i teologi chiamano Grazia.
Per grazia ricevuta. Quante volte nella vita abbiamo detto: “per un pelo!”, in una curva su una strada di montagna, sfiorati da un cornicione caduto dal tetto, dopo una diagnosi severa, come se una mano invisibile ci avesse protetti, un intrico inesplorabile di circostanze che ci ha evitato una catastrofe. Quasi come quella folata di vento di Abramo, che gli ha riportato fiducia nella vita in quella sera desolata in cui interrogava le stelle.
In questi giorni si svolge una ricca esposizione di ex voto al Santuario dell’Annunziata, non tanto e non solo esito di preghiere o promesse, ma espressione di uomini e donne di ogni condizione che si sono sentite accarezzare dall’eterno alito di vento fresco, ed hanno risposto come Abramo, alzando gli occhi al cielo. Per grazia ricevuta.