Nel salone dell’Annunziata di Chieri
Dall’autunno 1995 nel locale dell’ex sacrestia del Santuario dell’Annunziata di Chieri, che noi chiamiamo con un pizzico di ottimismo “Salone”, si svolgono “serate di cultura religiosa”, che hanno spaziato un po’ in tutti i campi, interessando un buon numero di ascoltatori.
Le ragioni della longevità di questa iniziativa, fra tante, è da ricercare nell’essere riuscita a intercettare il bisogno, da parte di alcuni cristiani di Chieri e dintorni, di una maggiore informazione critica sulla loro fede.
Un tempo questa esigenza non era o forse non sembrava così pressante, più volentieri ci si accontentava del catechismo di Pio X° imparato a memoria e della predica domenicale, in un contesto sociale vagamente segnato dalla pratica cristiana. Il livello culturale della popolazione, meno scolarizzata e soprattutto immune dai “social” non chiedeva molto di più nel suo insieme, e si “credeva” o si faceva finta di credere. Oggi il sentimento religioso è evaporato dal mondo occidentale, e, ci piaccia o no, ci troviamo a contatto diretto o indiretto con tutte le culture del mondo, altre religioni, altri modi di concepire la realtà, in un orizzonte apparentemente sconfinato, ma proiettato solo in senso orizzontale, con ben scarse aperture verso valori trascendenti.
Dall’esperienza di questi anni nel Santuario dell’Annunziata emerge l’utilità di ritrovare un linguaggio semplice, che traduca alla portata di tutti quello della teologia, e soprattutto un linguaggio senza forzature ideologiche, senza paura di infrangere i luoghi comuni dell’immaginario religioso collettivo, da Adamo che si mangia la mela, allo Spirito Santo sotto forma di colomba, lontano anche dalla retorica un po’ vuota delle formule liturgiche. Perché non ogni linguaggio è credibile, non ogni predicazione, non ogni fede.
La domanda di senso, le eterne inquietudini esistenziali sul nostro essere, interpellano ogni persona in questo mondo disorientato e bussano alla porta della Chiesa: i cristiani adulti di oggi quale fede sapranno trasmettere alle generazioni future?
d. Gianni
Diana Barbieri
Grazie per tutto quanto ho appreso frequentando le lezioni di storia biblica di don Gianni.
Vorrei tentare una risposta semplice alla domanda difficile: quale fede trasmetteremo?
Non potremo far altro che trasmettere la fede, o non fede, che avremo, accettando anche che essa possa essere compresa e declinata in modi e con parole che magari noi non saremo in grado di capire.
La questione quindi, secondo me, non è tanto trasmettere la fede; piuttosto mi sembra necessario avere cura della nostra fede, coltivarla, prenderla sul serio e darle spazio nella concretezza della nostra vita.
Per questo sono così importanti tutti gli spazi e tutte le iniziative che vengono incontro all’esigenza umana fondamentale di avere una fede.