La nostra Pasqua
Cari amici, siamo come nel Deserto dei Tartari, rinchiusi in una fortezza, sotto assedio di un nemico invisibile, di cui non conosciamo nulla, neppure quanto di esso appartenga alla realtà e quanto all’immaginazione.
Anche quest’anno dovremo rinunciare alla messa del Giovedì Santo, ma non dobbiamo rinunciare a vivere la Pasqua. Ricordate lo scorso anno? Nessuna liturgia fumosa, neppure a Roma, solo il Papa nella piazza deserta e nella basilica vuota.
Però abbiamo pregato tutti insieme nelle nostre case, con poche distrazioni, nei giorni più importanti di sempre. Anche questa dura esperienza di clausura può servire a far maturare delle scelte di vita al di fuori dei solchi polverosi delle abitudini e tradizioni.
Don Gianni
Diana Barbieri
Accorgerci della nostra ignoranza, della nostra fragilità, della nostra dissennatezza, e magari rifletterci un poco sopra, potrebbe anche diventare una preziosa occasione per interrogarci su dove stiamo andando, su quali sono le cose che contano nella nostra vita e su come investire le risorse nelle nostre mani. Francamente non ho nostalgia dei riti affollati: ho avuto modo di comprenderne di più il significato scegliendo di rinunciarvi che non quando li frequentavo puntigliosamente. Torneremo a frequentarli mutati dentro e forse in meglio, con più consapevolezza e più libertà. E, chissà, forse comprenderemo anche meglio che cosa comporta l’essere fratelli in umanità oltre che nella fede.