Storia del Santuario
Chieri medioevale, situata sulla via che da Asti portava alla Francia e alle città di Genova, Firenze e Roma, era un luogo di transito commerciale e aveva locande ed ospedali, allora destinati non solo ai malati, ma anche a viandanti e pellegrini.
Il più antico ospedale di cui si sia conservata memoria è l’Ospedale di Ansulita ed Enrico Gribaldi, fondato da questa famiglia il 12 agosto 1270 con la concessione di una casa presso la Porta di Arese, tra Piazza Silvio Pellico e Via Principe Amedeo, dotata di alcuni letti, due piccole vigne e due campi.
Per l’Ospedale di Ansulita fu chiamato un pittore per dipingere l’Annunciazione. Ne risultò un dipinto ad olio su muro, collocato forse all’ingresso dell’edificio, che ritraeva la Vergine e l’Angelo. Definito da Giovanni Romano “grande miniatura su muro”, studi recenti attestano che il quadro dell’Annunciazione è opera del monaco francescano Gillis Tavernier, che lo dipinse nel 1469.
E’possibile che Gillis fosse parente, forse un nipote, del più celebre Jan, attivo nella città belga di Audenarde. Il quadro dell’Annunziata, testimonia così l’esistenza della grande committenza chierese verso la Fiandra in epoca medievale.
L’ospedale, con il consenso di Ansulita, prese il nome di Ospedale dell’Annunziata.
Si cominciò a celebrare saltuariamente la Messa di fronte all’affresco. L’ospedale proseguì la sua piccola opera e nel 1401 l’Arcivescovo di Torino concesse alla famiglia Gribaldi la licenza di costruire una cappella nell’Ospedale dell’Annunziata, un edificio semplice e povero, collocato nell’attuale presbiterio del santuario. Passando per la strada, una finestra con inferriata dava modo di vedere l’affresco.
La Madonna dell’ospedale diventò la Madonna del Borgo di Arene.
Nelle guerre che sconvolsero anche tutto il Piemonte, gli ospedali vennero requisiti per alloggiare gli eserciti, compreso l’ospedale dell’Annunziata. Ridotto in condizioni pietose, l’Ospedale Maggiore, al quale era stato annesso, ne decise la chiusura, murando gli ingressi nel 1642. Ma con la partecipazione degli abitanti del borgo di Arese la cappella subì un sommario restauro, la campana tornò a suonare e la cappella fu riaperta al culto.
Venne nominato un Canonico, con il compito di prendersene cura e tenere un “Registro delle grazie”, che iniziavano ad essere segnalate, come concesse dalla Madonna dell’Annunziata.
Nel 1651 il 29 di aprile un ragazzo, muto dalla nascita, era ritornato alla cappella. Lavorava come garzone vicino a Chieri per il mercante Tommaso Robbio, che lo stimava come un buon ragazzo e lo aveva fatto visitare da un chirurgo, per guarirlo dalla sua menomazione. Ma il responso era stato negativo. Giovanni per il suo aspetto e la sua invalidità non aveva vita facile. Era già venuto a pregare all’Annunziata.
Gli avevano detto che quella era una Madonna che faceva miracoli.
Quel giorno, sotto il portico della cappella, Giovanni, mentre prega, capisce di poter parlare. Tornato al lavoro racconta ai compagni quel che gli è accaduto.
La notizia si sparge per Chieri. Se ne parla anche in sede di Consiglio Comunale: ne è rimasta la testimonianza nel libro degli Ordinati Consiliari.Viene nominata una Commissione di Teologi, per esaminare quanto accaduto, si raccolgono le deposizioni giurate e, sentito il parere dei medici e della Commissione, l’Arcivescovo di Torino Giulio Cesare Bergera dichiara la guarigione come miracolosa.
Iniziarono i pellegrinaggi alla cappella del vecchio ospedale e anche la massima autorità di allora, Madama Reale Cristina di Francia con il Duca Carlo Emanuele, vi partecipò.
La fama della cappella cresceva.
L’Arcivescovo ritenne che l’Annunziata potesse divenire un centro di intensa vita religiosa, ma la piccola cappella non era adatta a grandi raduni e solenni funzioni. Occorreva trasformare la cappella in santuario.
Con la povertà di allora il progetto era difficile da attuare, ma l’Arcivescovo, uomo molto determinato, riuscì a trovare finanziatori e progettisti L’iniziativa infatti ottenne anche l’appoggio della Madama Reale, Cristina di Francia, che mise a disposizione un architetto di sua fiducia, il frate Carmelitano Scalzo padre Andrea Costaguta. La prima pietra fu posta il 21 novembre 1651 alla presenza del duca Carlo Emanuele II° e di Madama Reale.
Su richiesta sempre dell’Arcivescovo, la famiglia Broglia erede dei Gribaldenghi, a loro volta eredi dei Gribaudi, rinunciò a tutti i diritti di patronato sulla cappella, lasciandolo libero sull’affidamento della nuova chiesa. La costruzione del nuovo santuario inglobava l’antico muro con il dipinto dell’Annunciazione.
Molto semplice e armoniosa fu portato a termine nel 1655.
Nel 1678 su richiesta della Confraternita della Misericordia (o di San Giovanni Decollato) il santuario venne loro affidato, dopo la rinuncia dietro compenso, dei Canonici della Collegiata. Nel 1698 Michelangelo Garove, ingeniere civile e militare ampliò il santuario, costruendo il coro e la sottostante sacrestia.
Di questo nuovo corpo fa parte anche la costruzione del piccolo campanile triangolare.
Nel 1851, in occasione del secondo centenario, su disegno del canonico della Collegiata Giovanni Emanuele Cavaglià, si ristrutturò il presbiterio, realizzando in marmo il pavimento, l’altare e la balaustra e la scenografica edicola in stucco dipinto, che racchiude la scena dell’Annunciazione, con le dorature della corona, donata dal Re Vittorio Emanuele II°, delle cornici e delle grate di legno, che permevano di assistere, non visti, alle funzioni. L’altare maggiore veniva isolato da entrambi i lati da due passaggi adiacenti nel loro percorso, sia alla sacrestia che alla chiesa. Nei due anditi che precedono il presbiterio furono ricavate due piccole cappelle, si cambiò il pavimento della stessa sacrestia, che venne dotata di grandi armadi.
Il torinese Cornaglia e il chierese Luigi Angelino affrescarono la volta.
Quasi un secolo dopo, negli anni 1938-1940, il canonico Olimpio Torta, cappellano del santuario, ne progettò un radicale restauro, che, a causa della guerra, poté essere realizzato solo limitatamente agli intonaci esterni ed interni. Il restauro esterno cancellò la coloritura ottocentesca baroccheggiante ottocentesca e riportò la facciata al probabile aspetto originario
Le altre opere, specialmente il rivestimento in marmo di tutto l’interno, fu realizzato dopo il 1949 dal suo successore don Lorenzo Burzio, che successivamente progettò e costruì anche la struttura degli angeli dell’altare attuale versus populum e dell’ambone. Sui marmi delle pareti interne sono scolpiti i nomi dei chieresi che diedero contributi per la loro posa.
Alle pareti del presbiterio si trovano numerosi ex voto, raccolta iniziata alla fine del 600.