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La Zarevna Ranocchia

La Zarevna Ranocchia

Tanti tanti anni fa c’era lo Zar Andrei che aveva tre figli. Quando i figli divennero grandi, lo Zar li chiamò “Figlioli miei cari -disse- finchè non sono troppo vecchio, vorrei vedervi tutti sposati e cullare tanti nipotini”.  “Siamo d’accordo, caro padre, è anche il nostro desiderio. Dacci la tua benedizione. Ma chi dobbiamo sposare.?”

“Ecco figlioli, prendete ognuno una freccia, uscite dal castello e tirate con l’arco, Dove la freccia cadrà, là sarà il vostro destino”.

I figli uscirono in un campo in aperta campagna e scoccarono una freccia.  La freccia del figlio maggiore cadde nel cortile di un boiardo di antica stirpe e sua figlia la raccolse.  La freccia del secondo figlio cadde nel largo cortile di un mercante e la figlia la raccolse.  La freccia del figlio minore Ivan Zarevic prese lo slancio e volò via, ma dove era finita?  Lui la seguì e arrivò sulla riva di una palude e vide una ranocchia che teneva in bocca la freccia. Ivan le disse: “ Ranocchia, ranocchia, ridammi la mia freccia”.

E la ranocchia rispose: “E tu prendimi in moglie” – “Sei matta. Come posso prendere in moglie una ranocchia?” – “Prendimi e portami a casa, vuol dire che questo è il tuo destino. La freccia ha trovato me”.  Ivan non era per niente felice, ma non c’era niente da fare.  Raccolse la rana e la portò a casa.

Lo Zar ordinò ai tre figli di celebrare le nozze e lo sfortunato Ivan prese in moglie la ranocchia.  Pochi giorni dopo le nozze, lo Zar disse ai suoi figli:  “Voglio veder chi tra le mie nuore è la più brava a cucire. Per domani voglio una camicia nuova.”

I figli fecero un inchino e si precipitarono a casa per dirlo alle mogli.  Solo Ivan andò a casa sconsolato.  La ranocchia gli saltellava attorno “Perché Ivan Zarevic sei così abbattuto?” – “Perché mio padre ti ha ordinato di cucire una camicia per lui domani” – “Non crucciarti Ivan, vai tranquillo a letto, la notte porta consiglio”.

Ivan andò a dormire e la ranocchia saltò sulla soglia, buttò la sua pelle di rana e si trasformò in  Vassilissa la Saggia, donna così bella che neanche nelle favole si può descrivere.   Battè le mani e gridò:  “Ancelle, preparatevi! Cucitemi per domani mattina una camicia come quelle che porta mio padre.”

Al mattino Ivan, appena sveglio, vide la ranocchia che saltellava per terra e la camicia avvolta in un telo sul tavolo. Tutto contento e sbalordito, la prese e corse dal padre.  Il figlio più grande spiegò la camicia, lo Zar la prese e disse:  “Che disastro! Questa camicia si può portare solo per lavorare nei campi”.  Il secondo figlio presentò la sua camicia.  Lo Zar la guardò: “Questa si può indossare solo per far pulizie.”

La camicia portata da Ivan era ornata d’oro e d’argento con ricami bizzarri.  Appena la vide lo Zar disse: “Questa sì che è una camicia da festa.” – “Vuoi vedere che la ranocchia di Ivan è una fata?”. Dissero i fratelli, tornando a casa.

Il giorno dopo lo Zar convocò i tre figli:  “Per domani ciascuna delle vostre mogli mi deve cuocere un bel pane.”   Ivan abbassò la testa e tornò a casa.  La ranocchia gli disse: “Di nuovo triste?”  E lui rispose: “Per domani dovresti cuocere un pane per mio padre lo Zar”.  “Non crucciarti Ivan, vai tranquillo a letto, la notte porta consiglio” disse la ranocchia.

Ivan andò a dormire, la ranocchia saltò sulla soglia, buttò la sua pelle di rana, si trasformò in Vassilissa e battè le mani: “Ancelle preparatevi! Cuocetemi per domani un pane bianco e soffice, come mangiavo a casa di mio padre.”

Al mattino Ivan si svegliò, vide il pane soffice, appena sformato e lo portò subito al padre, che nel frattempo stava assaggiando i pani degli altri suoi figli; ma erano così duri che non riusciva a tagliarne neanche una fetta.  Mangiò il pane portato da Ivan e disse: “Questo è un vero pane da festa. Devo conoscere le vostre mogli”.

Tutto contento, lo Zar decise quindi di dare una gran festa l’indomani per le mogli dei suoi figli. Di nuovo Ivan tornò a casa niente allegro e a testa china.  La ranocchia saltellava per terra come al solito.  “Ivan perché sei così depresso? Tuo padre ti ha trattato male?” – “Ranocchia, ranocchia mia, lo Zar mio padre mi ha ordinato di venire con te al banchetto reale, ma come faccio io a farti vedere alla gente, anche se sei così gentile e abile?” – “Non crucciarti-rispose la rana- vai al banchetto da solo. Io arriverò dopo di te. Quando sentirai un gran frastuono, non spaventarti. Se te lo chiedono, tu dirai: “E’ la mia ranocchietta, che viene sulla sua carrozzetta.”

Ivan aveva imparato ad apprezzare le parole della moglie ranocchia, cominciava ad affezionarsi a lei e la rispettava. Così andò al banchetto da solo, come gli aveva suggerito la rana. Non sapeva cosa sarebbe accaduto, ma tutto sommato, si fidava di lei. Aveva cucito la camicia, fatto il pane, cosa avrebbe ancora inventato?

I fratelli con le loro mogli lo prendevano in giro. “Come mai sei senza la tua cara mogliettina? Potevi portarla nel tuo fazzoletto o è andata a farsi bella allo stagno?” Tutti si misero a tavola, quando improvvisamente si sentì un gran baccano.  Gli ospiti si spaventarono, ma Ivan disse a gran voce: “Non abbiate paura. E’ solo la mia ranocchietta, che viene sulla sua carrozzetta.”

Davanti al palazzo arrivò una carrozza tutta d’oro, tirata da quattro cavalli bianchi.  Scese Vassilissa con un bellissimo vestito verde, tempestato di stelle, prese per mano Ivan, che era rimasto a bocca aperta, e lo accompagnò alla tavola imbandita.

Terminato il banchetto, tutti si misero a ballare e naturalmente Vassilissa era la più brava e danzava leggera con lo Zar.  Ivan allora uscì da palazzo, corse fino a casa, trovò la pelle di rana e la buttò nel fuoco. Anche Vassilissa tornò a casa, ma si rattristò molto, sapendo che la pelle di rana era stata distrutta.  “Dovevi aspettare ancora tre giorni e l’incantesimo sarebbe terminato. Ora dovrai venire a cercarmi dietro le trentanove terre, nel castello di Kaschej. Solo così l’incantesimo finirà.”  Si trasformò in un cuculo e volò via.

Ivan pianse, poi pianse ancora, s’inchinò ai quattro punti cardinali, partì e andò dove gli dicevano  gli occhi a cercare sua moglie. Andò lontano o vicino, lunga o corta era la strada, consumò dieci paia di stivali e quindici caffettani, la pioggia gli bucò tutti i suoi cappelli, ma alla fine, stanco e stremato, trovò la reggia di Kaschej, che era tutta in pietra bianca su di un alto monte.

Vassilissa gli corse incontro e così tornarono a casa e vissero insieme felici e contenti fino alla vecchiaia.

 

Liberamente tratto da “Fiabe popolari russe”

Paleich-Mstiora- Kholuj

 

1 Comment
  • Pier Carlo Craviolatti
    Rispondi

    Anche ai nostri tempi succedono favole come quella della ranocchietta ma purtroppo il finale non corrisponde quasi mai al finale della favola.
    Però l’esempio lo si deve seguire con amore e perspicacia poiché avremo comunque un premio finale.

    22 Gennaio 2022 at 15:59

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